Domus dell’Elefante (o Sa Pedra Pertunta), Castelsardo

L’esterno è sicuramente famoso, l’interno un po’meno. Non tutti sanno infatti che all’interno della celebre “Roccia dell’elefante” di Castelsardo vi sono due domus de janas (che prima erano note con il nome di “Sa Pedra Pertunta”, vale a dire “la pietra traforata”).

Si tratta di due tombe ipogeiche scavate su diversi livelli all’interno del famoso masso erratico di trachite che gli agenti atmosferici hanno modellato rendendolo simile ad un elefante.

Dell’ipogeo superiore si conservano oggi tracce di tre vani, disposti sull’asse nord-ovest/sud-est e di modeste dimensioni. Secondo gli archeologi non è improbabile che il gruppo di tre celle fosse preceduto da un padiglione coperto.
È possibile che la distruzione della sepoltura sia avvenuta già in antico ed abbia motivato la realizzazione di una nuova tomba sfruttando la superficie rocciosa sottostante.

La tomba inferiore si caratterizza per la presenza di due protomi taurine (con corna a mezzaluna e lunga testa trapezoidale) scolpite sulle pareti di uno dei vani interni.
L’ipogeo comprende oggi quattro piccoli vani; questi erano in origine preceduti da un breve corridoio a cielo aperto (“dromos”) provvisto di gradino nel tratto finale.

“Chi da Castelsardo percorre la via nazionale che conduce a Sedini, d’un tratto si trova di fronte ad uno strano spettacolo. Un gigantesco elefante, tre volte più alto degli enormi mamhut preistorici, par che esca dalla jungla e s’incammini verso la montagna”.
Così si esprimeva, nel 1914, E. Benetti, che per primo ebbe l’idea di associare l’immagine bizzarra di questa roccia modellata dall’erosione a quella di un grosso pachiderma.
Precedentemente, come detto, il complesso ipogeico della Roccia dell’Elefante era conosciuto con un altro nome dialettale, meno fantasioso, forse, ma più incisivo: “Sa Pedra Pertunta” (la pietra traforata). Tale è il nome che riporta il Lovisato nel 1887, e che viene più tardi ripreso dal Taramelli, mentre in precedenza V. Angius, nel 1837, si era limitato a segnalare (ed è questa la prima menzione ufficiale) la presenza di “stanze delle fate” in un masso isolato a poca distanza dal nuraghe.

Fonte informazioni: sito Sardegna Cultura
-P. Melis, La domus dell’Elefante, collana “Sardegna archeologica. Guide e Itinerari”, Sassari, Carlo Delfino, 1984.

Come arrivare: il sito è liberamente visitabile, a soli 9 minuti da Castelsardo.
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